Ancora oggi la presenza femminile nell’architettura nel corso della storia viene trascurata e purtroppo poco studiata, e la professione rimane tuttora predominantemente svolta da uomini. Tuttavia molte donne furono le protagoniste di vari movimenti artistici e architettonici nel passato e continuano a farsi presenti anche oggi.
Lina Bo Bardi, pseudonimo di Achillina Bo, nacque a Roma nel 1914 all’esordio della Prima Guerra Mondiale, città dove crebbe e conseguì, nel 1939, la sua laurea in Architettura presso la Sapienza Università di Roma.
Lina decise di trasferirsi a Milano nel 1940, subito dopo essersi laureata, in uno dei momenti più oscuri della storia della città. Lì ebbe l’opportunità di lavorare insieme all’architetto Gio Ponti, uno dei responsabili più importanti per il successo del design italiano, e conobbe anche il giornalista Pietro Maria Bardi, che più tardi diventò suo marito. Ponti la mise in contatto con la sua riviste Domus, di cui fu coeditrice per un breve periodo, e Stile, di cui diventò collaboratrice. Lina lavorò anche per la rivista L’illustrazione Italiana, fondata da Emilio Treves, e in un secondo momento fondò la propria magazine con la collaborazione di Carlo Pagani e Bruno Zevi, A: Attualità, Architettura, Abitazione, Arte.
Il suo studio a Milano fu distrutto in seguito ai ricorrenti bombardamenti avvenuti sulla città e questo fu il fattore scatenante di una scelta che avrebbe ribaltato il suo futuro. Lina e il marito avevano già in mente l’intenzione di cambiare strada e considerare altre opportunità professionali, e l’offerta di un importante collezionista d’arte brasiliano durante una loro visita a Rio de Janeiro culminò nello spostamento della coppia verso una nuova nazione.
Dall’Italia al Brasile
Assis Chateaubriand, uno dei più noti collezionisti d’arte brasiliani, si era rivolto a Lina e Pietro per la progettazione, fondazione e direzione del nuovo Museo d’Arte di San Paolo, in Brasile, e visto la loro predisposizione alle nuove opportunità, decisero di cogliere l’occasione e iniziare una nuova vita dall’altra parte del mondo, lasciando indietro l’Italia nel 1946.
Progettare, costruire e dirigere uno dei centri culturali più importanti del paese era una grande responsabilità per Lina e Pietro. L’edificio, che si svolge come un colossale ponte di calcestruzzo e vetro sospeso in aria grazie a due enormi portici rossi, diventò un’icona della città di San Paolo e anche una delle opere di maggiore rilevanza dell’architetta. Aperto al pubblico nel 1968, durante la Dittatura Militare (1964 - 1985) e in presenza della Regina Elisabetta II d’Inghilterra, il museo dispone di una grande piazza al piano terra e, nel pavimento sovrastante, un ampio spazio espositivo, entrambi liberi di partizioni. Fin dalla sua fondazione e apertura il museo è scenario di diverse proteste e rivendicazioni popolari, è un edificio che accoglie i bisogni della popolazione, una sorta di protesta architettonica contro l’oppressione ideologica.
“Rivendicare lo spazio pubblico è un modo di prendersi cura di sé, e il modo in cui utilizziamo lo spazio pubblico è il modo in cui esprimiamo la libertà”. Sekou Cooke
Il MASP è un’icona del Modernismo Paulista, filone del movimento moderno tipico di San Paolo, che si contrappone al Modernismo Carioca, movimento architettonico contemporaneo a quello Paulista svolto a Rio de Janeiro che aveva come figura principale il celebre architetto Oscar Niemeyer. È difficile inquadrare il lavoro di Lina sotto uno solo stile poiché le sue opere sono molto diverse tra di loro, sia a livello stilistico che d'identità regionale.
Nel 1951 Lina progettò e costruì la casa dove visse insieme al marito per gran parte della sua vita, la celebre Casa de Vidro (Casa di Vetro). Affiancato alla foresta tropicale in una zona periferica di San Paolo, l’edificio è una palafitta, o in termini più concettuali: una scatola di vetro sospesa su una collina e circondata dalla natura, cercando di collegarsi al massimo al contesto della foresta. La residenza fu il suo primo progetto di grande prestigio ed è uno dei più esponenti edifici dell’architettura moderna brasiliana, sopratutto del Modernismo Paulista.
Contemporaneamente alla progettazione della casa, Lina disegnò anche la famosa Bowl Chair (poltrona ciotola), il suo oggetto di design più celebre di sempre, progettato specificamente per la nuova configurazione della casa moderna, e ancora più specificamente per la Casa de Vidro, dove si trovavano gli unici due esemplari dell’epoca.
Sempre insieme al marito Pietro, Lina fondò la rivista Habitat nel 1951, rafforzando ancora di più il suo forte interesse per il giornalismo e la critica dell’architettura.
Un nuovo approccio all’architettura brasiliana
Lina Bo Bardi nasce e cresce in Italia, nazione dove si laurea come architetta e lavora insieme a grandi nomi dell’architettura moderna italiana. Lina e Pietro furono immigranti di prima classe e si radicarono fortemente nel contesto brasiliano, paese che Lina definisce la sua “nazione per scelta” e sviluppa un’importante relazione tra il Brasile e l'Italia.
Lei visse durante sette anni della sua vita a Salvador, capoluogo dello stato della Bahia nel nordest del Brasile, città dove non solo ebbe l’opportunità d'immergersi appieno nella cultura e tradizione brasiliana, ma svolse anche diversi progetti che cambiarono radicalmente il panorama dell’architettura contemporanea del paese. A differenza di altre opere moderniste che trasponevano il linguaggio architettonico europeo in Brasile, Lina prendeva spunto dalle tradizioni locali precedenti al movimento moderno come base per i suoi progetti, conferendo ai suoi edifici una forte identità nazionale. I progetti più acclamati nella regione nordest sono il Museo di Arte Moderna della Bahia (MAMB) e il Museo di Arte Popolare, il Teatro Gregório Matos e la Casa Benin.
Durante gli anni ‘80 il suo lavoro si basò soltanto alla riqualificazione del Centro Storico di Salvador dopo il suo riconoscimento come Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
Gli edifici in calcestruzzo a vista e le aperture irregolari sono caratteristiche non solo della sua opera nordestina [1], ma anche di un’altra icona della città di San Paolo, il centro culturale Sesc Fábrica Pompeia. Gli enormi blocchi di calcestruzzo connessi dalle varie passerelle, i pannelli rossi in legno e l’antico magazzino ricoverato e riutilizzato sono oggi parte dell’immagine collettiva e dell’identità non solo del centro culturale stesso ma di tutta la città.
Sempre a San Paolo Lina progettò il Teatro Oficina, un’opera di particolare compromesso politico, sociale e culturale. Il progetto è una rottura della tipologia teatrale classica: non esiste un limite tra gli attori, che presentano lo spettacolo in mezzo a una strada interna che si collega alla città, e il pubblico, che ammira da una serie d'impalcature leggere e rimovibili installate sui lati della suddetta strada.
Lina Bo Bardi fu un’architetta rivoluzionaria per l’architettura brasiliana, recuperando i valori storici nazionali e ricollegandoli all’architettura contemporanea. La sua opera è la materializzazione dei bisogni di una società e delle sue tradizioni, rafforzando l’idea che l’architettura riguarda essenzialmente le persone e le interazioni sociali.
[1] Naturale della regione nordest del Brasile.
Comments